Il tempo dei lupi
(horror)


Strade
(fantastico)


La nuova stirpe
(horror)



Fiamme!
(fantastico)

Trincea
(horror)

Diretta TV
(horror)

Una pura combinazione
(fanta-horror)


Speranza di vetro
(fantastico)

Trasferimento
(fantastico)

Dall'altra parte
(fantastico)



Xenochiromante
(fantastico)


Teste perdute
(onirico)


Tutte quelle sirene
(fantastico)




Ultimo Canto di un Pavido Amante



- Cos'è che non riesci a dirmi? - gli chiese triste, come nettare dolce,
armonica effige di musica in carne, sfregiante bellezza per occhi profondi.
Su di un legno seduto era a Lei Lui rivolto,
ma dentro, nel cuore, in ginocchio accasciato,
piegato, segnato,
ancora una volta ai dadi battuto
dall'infame puttana, la Natura sovrana,
che nulla spartisce con le umane passioni.

Ma quel giorno, a quell'ora, le grida dell'uomo,
che urlavano sogni e pensieri dal cuore,
strapparono a morsi le nere catene,
e s’affacciarono ardite, dalle fiamme braccate.

In un ultimo sforzo, da pavido eroe, Lui le legò tra lingua e palato,
ma a nulla poteva, se non alla forma,
e l'ardore invocò, a colpi possenti,
un aiuto bendato all'Inferno dei Vinti.

Così dalla tasca estrasse un coltello,
recise il suo braccio, dal polso scoperto,
con forza, con lena, lo guidava una vena.
E il sangue sgorgò, a flutti copiosi,
dipinse la terra, era rosso tappeto,
ma come domato - dal dolore guidato? -
una danza avviava, ordinata, educata.

Attorno alla Dea si dispose gentile,
di calore e d’incanto il suo Recinto ornando,
su per esso risalendo, verso Lei sospirando,
senza ardire di toccarla, né pensare di sfiorarla.

Da spavento fu inchiodata, di paura Lei tremava,
ma il Terrore - le fu strano - era lì che l’adorava.

E spuntaron dovunque da quel macabro manto, 
tanti  piccoli occhi quanti teneri sguardi,
bagnati di sangue e di lacrime unti.
"Quanta passione, quanto dolore. Natura mi senti? Ammira l'ORRORE!"
E dal lago di sangue emersero fiori,
lenti e pesanti, obelischi d'am*re.
Mille colori, mille pallori, forme cangianti ammalianti brillanti.
Di pena grondanti.

Al cuore colpita, non più spaventata, la Dea pel Recinto distrusse l'istinto!
Lasciò la sua mano scivolare su un fiore, guardò quei cent'occhi con languido affetto,
toccò il lago rosso con morbido tatto.
Le sue mani bagnate osservò con passione,
del giardino di morte l'assalì il suo sapore.

E il sangue capì che ormai si poteva,
che osare non era una lama che assale.
Leggero e increspato sulla Dea si dispose,
e l'avvolse in un manto, la chiuse in un guanto,
per poi diventare, per poi ricamare, tessuti bollenti di sogni e d’incanti.
Per Lei Lui voleva un disegno adeguato,
a una Dea solo il sangue può fare un vestito.

Ma di ama*e la Dama non si era saziato,
e si rapprese in collana sul candido petto:
di magnifici anelli era incastro perfetto.
Su ognuno di essi eran scolpiti i suoi nomi,
tutti quelli che ogni giorno per Lei Lui immaginava.
Fu così che dai lobi il sangue cadde a cristalli. E furon pendagli.
Sulle dita si avvolse. E furon gioielli.

Lui per terra spezzato era per Lei morto ancora,
come tutte le volte che a parlarle correva
e di urlarle il suo canto la sua bocca impediva.
Ma stavolta svuotato di sangue e di vita,
i suoi neri pensieri le avea infine donato.

E' stato l'am*re?
E' stata passione?
La Natura è puttana.
Solo lei è soluzione.